venerdì 23 settembre 2011

misure piemontesi

Antiche unità di misura Piemontesi


Le unità di misura piemontesi, fino all'adozione del sistema metrico decimale, decisa da Carlo Alberto, con l’emanazione del Regio Editto dell'11 settembre 1845, erano riferite alla vita di tutti i giorni: quanto terreno ara una coppia di buoi in una giornata di lavoro; la distanza di un passo; la lunghezza di un piede; la capacità di una botte; il contenuto di un cucchiaio.

I sistemi di misura variavano notevolmente a seconda delle località, delle attività a cui si riferivano, del periodo storico; cosicché risulta assai problematico ricostruire i valori esatti delle misure antiche.


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Nelle tabelle seguenti sono riportate, con approssimazione, le misure in uso nelle città di Alba, Asti, Cuneo, Mondovì, Saluzzo, Pinerolo...


(in piemontese la u di uva viene scritta "o", la "u" si legge come la "u" francese)




Re Liutprando, fra le molte leggi emanate ad integrazione del Codice di Rotari, con l’intenzione di amalgamare il popolo longobardo e fonderlo con le precedenti popolazioni (ed ovviamente di rafforzare il potere centrale), intraprese anche l'unificazione del sistema di misure, imponendo per tutto il Regno una medesima misura lineare fondamentale: il Piede, da lui detto, appunto, di Liutprando. 
Non diversamente, del resto, farà Carlo Magno cinquant'anni dopo, verso l'anno 800, uni-formando le misure di Francia, con il Pied du Roy e la Toise Carlovingienne. 
La fantasia dell'epoca medievale ha condito l'iniziativa del re Longobardo di profumi e sapori gustosi, ancora persistenti all'inizio del nostro secolo.  Si disse dunque che Re Liutprando, viaggiando nel Milanese, venisse informato che si commettevano frodi nel misurare e ne conseguivano frequenti controversie; avesse allora posto il suo piede (magnum et spaciosum) su una pietra, e subito disposto che dall'impronta in essa mirabilmente lasciata, si prendessero le misure per le compere e le vendite. 
Il nuovo modulo, dunque, da lui prese il nome di Piede di Liutprando, e poiché la nuova misura era più grande di almeno una volta e mezzo del Piede di Roma, se ne dedusse che il re Longobardo dovesse essere stato alto della persona in guisa di un gigante: e questa convinzione serpeggiò per oltre un millennio e ne è rimasto il dubbio fino a meno di cent'anni or sono. Il Piede di Liutprando, benché con valori numerici differenziati, rimase in uso in tutta Italia, seppure con valori e nomi diversi (Piede Liprando, o Eliprando, o Piede di Piemonte, o Piede legale); in Lombardia fino alla seconda metà del '700, ed in Piemonte fino alla unificazione Sabauda. 

Quella di Liutprando fu sostanzialmente la sola unificazione dei pesi e delle misure che abbia interessato pressoché l'intero territorio della Penisola, dopo quella di Roma antica e fino alla proclamazione del Regno Sabaudo. 


(Estratto dai Quaderni del Club Ingegneri milanesi - oltre il 1992, N. 5 (1998))



Si narra che il sovrano un giorno fosse interpellato da alcuni sudditi che, stufi di essere ingannati da mercanti senza scrupoli durante le compravendite, gli chiesero di stabilire una precisa e determinata unità di misura facilmente utilizzabile durante le transazioni commerciali.Liutprando decise, allora, di stabilire che tale misura fosse determinata dalla lunghezza del suo piede e, così, a titolo esemplificativo lo posò su una pietra. Ma su di essa, quasi per miracolo, ne rimase indelebile l’impronta e, così, venne a lungo custodita a prova di quanto dovesse essere lunga l’unità di misura di un piede, da quel momento detto Piede Liprando.
Il piede liprando era circa una volta e mezza quelle delle altre città e in rapporto aureo (1,612) con il piede romano,che misurava 29,5 cm.
Nel 1895 furono rinvenuti a Pavia i resti umani che dopo studi furono attribuiti alle ossa del Re longobardo. Più specificatamente la statura risultò di 1,73 m e i piedi pari a 254 mm il destro e 261 mm il sinistro.La somma è di 515 mm e differisce di pochissimo dal piede liprando utilizzato in Piemonte.
(di Massimo Fois)

















Bastava spostarsi in Lombardia per trovare come unità di lunghezza un piede di soli 43,5 cm: in compenso lì c'era il braccio (59,5 cm), ed il miglio valeva 3000 braccia (1785 metri); anche in Lombardia c'erano i trabucchi, le once i punti e gli atomi, ma tutti più corti che in Piemonte. Per pesare in Lombardia c'erano la libbra sottile, uguale a 326,8 grammi e la libbra grossa (2,5 libbre sottili); una libbra sottile valeva 12 once, un oncia 24 denari e un denaro 24 scrupoli. La confusione aumentava passando nel Veneto, dove le lunghezze erano ancora misurate in piedi ma di 34,8 cm; per distante maggiori si usavano il passo (5 piedi) ed il miglio era 1000 passi, quindi solo 1740 metri. Capacità e volumi si misuravano, per la merce secca in moggi (un moggio = 333,3 litri), che valeva 4 staia; ogni staia era 2 mezzeni, ogni mezzeno era due quarte ed ogni quarta due quarteroli; i liquidi avevano come unità il mastello (75,12 litri), che valeva un decimo di botte oppure tre secchie; una secchia era quattro bozze, un abozza 4 quartucci ed un quartuccio 4 getti.
Anche nel Veneto c'erano la libbra sottile e la libbra grossa, ma valevano rispettivamente 301,23 e 477 grammi; tutte e due erano soddivise in 12 once, quindi convivevano due once diverse: la prima era suddivisa in 192 carati e 768 grani, la seconda in 8 dramme, 24 scrupoli ed in 72 grane.
Immaginate a quante occasioni di truffe e raggiri basate sull'equivoco potesse essere oggetto un mercato che dovesse svolgere l a sua attività nella pianura Padana.
(da "Una storia lunga... un metro" di Marco Pisani)

La legna da ardere era venduta a corde, il carbone di legna a carrate, il carbon fossile a carra, l’ocra a botti, e il legname per carpenteria al marco o alla solive. Si vendevano i frutti di cedro alla poinçonnée, il sale al moggio, al sestario, a mine, a mezze mine, a staia, a once; la calce si vendeva al poinçon, e i minerali alla raziera. Si comprava l’avena a profenda e il gesso a sacchi; il vino a pinta, a mezza pinta, a caraffa, a roquille, a boccale e a mezzetta. L’acquavite si vendeva a brente, il grano a moggi e a salme. Le stoffe, i tappeti e la tappezzeria si compravano ad aune; boschi e prati venivano misurati in pertiche, i vigneti in daureés. L’arpento valeva dodici hommées, misura che indicava una giornata di lavoro di un uomo; altrettanto valeva per l’ouvrée. Gli speziali pesavano in libbre, once, dramme e scrupoli; la libbra valeva dodici once, l’oncia otto dramme, la dramma tre scrupoli, e lo scrupolo venti grani.
Le lunghezze erano misurate in tese e in piedi del Perù, che equivalevano a un pollice, una logne, e otto punti di piede del Re, il quale piede poteva essere quello del re di Macedonia o di Polonia, e anche quello delle città di Padova, di Pesaro e Urbino. Era, molto approssimativamente, l’antico piede della Franca Contea, del Maine e del Perche, e il piede di Bordeaux per l’agrimensura.
Quattro di questi equivalevano più o meno all’auna di Laval, cinque formavano l’esapodo dei
Romani, che era pari alla canna di Tolosa e alla verga di Norai. C’era poi quella di Raucourt, e anche la corda di Marchenoir en Dunois. A Marsiglia, la canna per le lenzuola era di circa un quattordicesimo più lunga di quella per la seta. Che confusione!


1789, UNA RIVOLUZIONE PER LA FRANCIA E PER LA MISURA

I principi di giustizia e di equità che animano la rivoluzione francese rendono prioritaria la abolizione delle iniquità e delle difficoltà dovute al corrente sistema di misura.
Nel 1790 Talleyrand, presidente dell'assemblea nazionale, propone di unificare le misure e chiede la collaborazione dell'Inghilterra per la creazione di una misura universale che possa valere per "tutti gli uomini e per tutti i tempi".
Si pone quindi il problema di "inventare" le nuove unità di misura (di lunghwzza e di peso). Nel 1791, in un rapporto presentato all'Accademia delle Scienze a firma di Borda, Lagrange, Laplace, Monge e Condorcet, dopo una serie di considerazioni sulla necessità di evitare i legami col passato, di evitare i legami con la nazione in cui nasce e quindi di cercare nella natura l'origine di una unità di misura universale, concludono: "Le unità che più sembrano essere adatte a servire come base si possono ridurre a tre: la lunghezza del pendolo che batte il secondo, un quarto di circolo dell'equatore, infine un quarto del meridiano terrestre".
La proposta di utilizzare come unità di lunghezza quella del pendolo che batte il secondo risale a Picard nel 1670. In sostanza si trattava di legare l'unità di lunghezza all'unità di tempo attraverso una "costante" fisica: l'accelerazione di gravità g. La soluzione venne scartata perché non piaceva l'idea di legare il metro ad un'altra unità di misura che aveva soprattutto l'onta di non essere "decimale" (l'ossessione per il sistema decimale presso l'Assemblea è tale che una legge del 1793 rende obbligatoria la divisione decimale del giorno), Inoltre, già Picard aveva verificato che il periodo del pendolo (cioè l'accelerazione di gravità) non è uniforme sul globo terrestre.
La scelta cadde sul meridiano poiché poteva essere compiuta in Francia: il meridiano passante per Parigi, misurato su un arco di ben 9,5 gradi a cavallo del 45° parallelo, con i due estremi sul livello del mare.
La nuova unità di lunghezza sarà la decimilionesima parte del quarto di meridiano terrestre e si chiamerà metro, dalla parola greca metron (misura).

Nel giugno del 1792 gli astronomi Mechain e Delambre partono per iniziare la misura del meridiano terrestre, il primo a Sud verso Barcellona, e il secondo a Nord verso Dunkerque. La loro impresa fu molto più lunga e difficile del previsto.
Nel frattempo la Francia entrò in guerra con l'Inghilterra e con la Spagna. Il re Luigi XVI viene ghigliottinato. Negli anni del terrore che seguirono, buona parte degli ispiratori del sistema metrico decimale (tra cui Delambre, Borda, Laplace, Coulomb) vennero destituiti dai rispettivi incarichi. Lavoiseur venne ghigliottinato. Condorcet si suicidò prima di essere ghigliottinato. Mechain venne arrestato in Spagna. Delambre rischiò più volte il linciaggio da parte dei contadini agli occhi dei quali le sue installazioni e i suoi strumenti avevano un aspetto "antirivoluzionario".

Intanto a Parigi, la commissione dei pesi e delle misure continua il suo lavoro per l'introduzione del sistema metrico decimale che rimane una delle priorità della rivoluzione.
Nel 1793 la legge definisce il metro come la decimilionesima parte della distanza tra polo Nord ed equatore, misurata sul meridiano di Parigi.
In attesa dei risultati delle nuove misure e la successiva incertezza, portò l'Ufficio Internazionale dei Pesi e delle Misure a ridefinire il metro come la distanza tra due linee incise su una barra campione di platino-iridio, conservata a Sèvres presso Parigi.

Con l'avvento dell'impero napoleonico la via al sistema metrico decimale, aperta solo un anno prima, subisce una battuta d'arresto: nel 1800 una legge autorizza l'uso delle vecchie unità di misura, di fatto vanificando il lavoro compiuto nel decennio precedente.
Nel 1812 viene autorizzato l'uso delle unità metriche nelle transazioni commerciali e finalmente nel 1837 l'uso del sistema metrico diventa obbligatorio in Francia.
 da "Una storia lunga... un metro" di Marco Pisani)





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