domenica 23 marzo 2014

Chernobyl - dopo il 26 aprile 1986

Pripyat

Forse non ci siamo mai chiesti che cosa è successo, nei territori che circondano Chernobyl, alle persone che avevano lì tutti i loro beni, alla loro vita, alla loro salute, al loro lavoro, dopo l'incidente del 26 aprile 1986.
E' molto difficile avere a disposizione dei dati certi da poter analizzare, perché, anche con internet, la maggior parte di quello che si trova è approssimativo, non ufficiale, tendenzioso, a volte del tutto falso. Alcuni tecnici e scienziati, quando vengono intervistati, a volte assumono posizioni e interpretano i dati in modo del tutto personale senza il necessario "rigore scientifico", con una sicurezza che appare fuori luogo.




Nella trasmissione "Anno Zero" di Michele Santoro del 28 aprile 2011, Franco Battaglia, professore associato dell'Università di Modena, affermava:



"Chernobyl è una colossale mistificazione mediatica. Se ci si chiede quanti morti ha causato quell'evento disastroso in questi 25 anni, io non ho timore di rispondere: zero!. 
C'è un organismo dell'ONU detto UNSCEAR (United Nations Scientific Committee on the Effects of Atomic Radiation) fondato a metà degli anni '50, che ha il compito di valutare gli effetti sanitari da esposizione eccessiva alle radiazioni. Bene! Rispetto a Chernobyl, questo organismo di cui fanno parte 20 nazioni diverse, 100 scienziati, radiologi, oncologi...su Chernobyl qual è stato il responso?
Primo Al momento dell'esplosione ci furono 3 morti, due sotto le macerie e uno per infarto.
Secondo Nei giorni successivi furono mandati, a spegnere l'incendio, dei soccorritori, senza alcuna protezione, direi mandati al suicidio; a 134 di queste persone è stata riconosciuta la sindrome da radiazione acuta, 28 di essi sono morti nei primi 3 mesi.
28 + 3 fa 31 Questo è il numero di morti dopo l'incidente.
Dei restanti, ad oggi, ne sono morti 19.
Quindi se si fa la somma, l'incidente ha causato 50 morti.
Se poi ci si chiede: - ma... negli anni, le eccessive radiazioni, cosa hanno causato?
Bene! Nel rapporto UNSCEAR si può leggere testualmente: 'non si è osservato aumento di incidenza di alcuna radiopatologia, non leucemie, non tumori solidi, non malformazioni...'"
Naturalmente il dibattito procede in modo acceso.

Puoi andare a verificare i dati su www.unscear.org


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In rete, su you tube, o negli archivi RAI, puoi trovare un documentario molto interessante sul "dopo Chernobyl", di Thomas Johnson: "la battaglia di Chernobyl".



Per facilitarti l'approfondimento, riporto alcuni testi del documentario, con riferimento fotografico.


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25 aprile 1986, una giornata di primavera per i 43 mila abitanti di Pripyat, una città dell'Ucraina.



A tre Km dalla città la centrale nucleare, dove ogni giorno vanno a lavorare diverse migliaia di persone.
La notte del 25 aprile i 176 lavoratori del blocco n.4 ricevono l'ordine di provare il sistema di autoalimentazione del reattore. 




All'una e 23 i sistemi di sicurezza del reattore vengono disattivati e l'esperimento ha inizio.





Una serie di inconvenienti accadono uno dopo l'altro e ad un certo punto il blocco comincia a tremare. Le 1200 tonnellate di copertura del reattore, improvvisamente esplodono e un potente flusso radioattivo emesso dall'uranio e dalla grafite si sparge per centinaia di metri intorno.







Dalla falla che si crea, escono bagliori infuocati e una nube di gas e particelle in fusione che si alzano per migliaia di metri nel cielo.



(Gorbachev) Alle cinque del mattino ho ricevuto una telefonata. Mi dicevano che c'era stato un incidente alla centrale di Chernobyl.



Nessuno era preparato per una situazione come questa. I vigili del fuoco arrivarono senza particolari coperture di protezione. Riversarono tonnellate di acqua sul fuoco, ma non fu possibile spegnere l'incendio.
Due uomini morirono quella notte e altri 28 nei mesi successivi.



Nei successivi sette mesi 500 mila uomini furono impiegati per combattere questo nemico invisibile. Migliaia di vite sacrificate  che la storia ha scelto di dimenticare ed è stato grazie a questi uomini che il peggio è stato evitato: una seconda esplosione che poteva spazzare via mezza Europa. 
Il segreto fu tenuto per 20 anni dall'URSS. 
La maggior parte delle immagini del documentario sono state riprese da reporter caduti anche loro sul fronte della contaminazione nucleare, per raccontare la storia di quella guerra dimenticata, ma anche dell'enorme bugia le cui conseguenze continuano ancora, più di vent'anni dopo, a peggiorare la situazione del disastro.



La mattina del 26, le nuvole erano già contaminate dalla colonna di gas in fusione, alta più di mille metri nel cielo.
Igor Kostin, un fotografo, fu chiamato da un amico, pilota di elicottero, per volare su Chernobyl. L'unica cosa che sapeva era che qualcosa era successo nella notte ed è stato il primo a fotografare la voragine.



"Quello è il quarto blocco! Distrutto!!!"



"Quando siamo stati vicini ho fotografato il blocco n.4. Non avevo idea del rischio."



"Ho aperto lo sportello. C'era come un silenzio tombale. Il reattore era sotto di me. Mi sentivo come galleggiare nello spazio. Come in una tomba...un silenzio di morte. Non potevo più sentire nemmeno il rumore dell'elicottero. Un buco nero...una tomba...il silenzio..."



"Questa è l'immagine del disastro!
Tutte le mie attrezzature si sono bloccate in pochi minuti. Non riuscivo a capire. Ho pensato che si fossero esaurite le batterie. Ho potuto prendere solo una dozzina di foto. 
Tornato a Kiev ho sviluppato le fotografie ed ho notato i colori sbiaditi e le foto sgranate. Non lo sapevo ancora ma ciò era dovuto alla radioattività."



Al centro del reattore esploso, a 14 metri di profondità, la grafite che circondava il materiale fissile stava bruciando e fondeva l'uranio. La fuoriuscita radioattiva era cento volte più grande  delle due bombe combinate sganciate su Hiroshima e Nagasaki.



Otto ore dopo l'esplosione Gorbachev aveva poche informazioni sulla situazione.
"La prima informazione diceva soltanto: incidente....fuoco; non una parola sull'esplosione. Questa ignoranza ha avuto conseguenze drammatiche per il nostro approccio al problema."



A Pripyat nessuno sapeva niente del disastro e la vita andava avanti come al solito. Alcuni avevano delle informazioni per sentito dire.
Si diceva di un incendio alla centrale, nella notte, ma nessuna informazione fu divulgata. 
Più tardi cominciarono a circolare in città dei militari con le maschere antigas.



Al colonnello Grebeniuk fu affidato l'incarico di studiare l'approccio alla situazione.



"Avvertivamo un sapore metallico, in bocca, sui denti, come in un negozio di ferro e qualcosa di acido. Dicevano che le radiazioni non avevano né odore né sapore. E' stato solo in seguito che abbiamo realizzato che quello era il sapore dello iodio radioattivo."



Mentre i bambini giocavano ancora nelle piazze, gli uomini del colonnello fecero le prime letture della radioattività nella città. In quel tempo nell'URSS l'unità di misura era il roentgen. Il livello normale nell'atmosfera era di circa 12 microroentgen. A Pripyat, nel primo pomeriggio le letture erano oltre i 200 mila microroentgen, in altre parole 15 mila volte in più della norma. In serata il livello era salito a 600 mila microroentgen. Nella notte 7 milioni di microroentgen (7 roentgen)!!!!



"I miei uomini si meravigliarono. Gli strumenti erano contaminati e davano false misurazioni?
Noi non sapevamo che il reattore stava bruciando e le radiazioni si stavano ancora sprigionando."




Si ritiene che un essere umano possa assorbire fino a 2 roentgen all'anno senza danni. Il corpo è contaminato in modo mortale se è irradiato con 400 roentgen.
In quel giorno gli abitanti di Pripyat assorbirono 50 volte quella che era considerata una dose dannosa.
(Il tasso medio di esposizione ad un tubo catodico di un televisore è 2  milliroentgen all'anno; un radiografia circa 500 milliroentgen.)

Per capire quello che stava succedendo il colonnello decise di effettuare subito i rilevamenti alla base della centrale. Le letture furono trascritte: 2080 roentgen!!!!
"Mi preoccupai per i miei uomini. Come facevo a mandarli in quel posto?"
A questi livelli bastano 15 minuti ad un essere umano per assorbire una dose letale di radiazioni.



Presso l'istituto nucleare di Mosca i numeri causarono uno shock. Un tale livello di radioattività non era mai stato visto prima di allora. Gorbachev lanciò l'allarme per creare una commissione governativa composta dai maggiori esperti di energia nucleare.



La commissione era guidata da Legaciov che partì immediatamente, con una delegazione, per Chernobyl.



"Speravamo che gli specialisti potessero valutare velocemente la situazione, ma per i primi giorni non furono in grado di dirci niente. Era una situazione drammatica. Eravamo riuniti... aspettavamo informazioni... chiedevamo informazioni... ma loro non sapevano dirci niente."



A venti ore dall'esplosione ancora non era stato possibile dire qualcosa alla popolazione di Pripyat. Il livello di radioattività continuava a crescere. Avrebbero dovuto rimanere in casa sigillando tutte le finestre e le porte e assumere iodio, ma nessun ordine fu dato.
Il giorno seguente 27 aprile, nonostante una certa tensione che si manifestava in città, la popolazione non era ancora stata informata della situazione.



"I miei genitori mi portarono a scuola come al solito. Tutto era assolutamente normale. Mio padre già sapeva che c'era stato un incidente, ma nessuna precauzione era ancora stata presa."

Trenta ore dopo l'esplosione finalmente fu presa una prima decisione: più di mille autobus arrivarono in città. I militari dissero ai portieri degli edifici che la città sarebbe stata completamente evacuata alle due del pomeriggio, ma niente fu detto per quanto sarebbe durata.



"Ricordo che le maestre dell'asilo ci diedero delle pillole di iodio, poi i genitori arrivarono a prendere i bambini. Tutti correvano ma non c'era panico. Pensavano di andare via per tre giorni."




Per evitare il panico le autorità mentirono su quanto fosse seria la situazione. Agli abitanti furono concesse due ore per raccogliere gli oggetti personali e raggrupparsi davanti alle abitazioni.



"Ricordo perfettamente. Tutti si raggrupparono in strada. Io corsi attraverso le stanze per scegliere quali giocattoli portare con me ... avevo molte bambole. Poi ci hanno detto di salire sugli autobus e partimmo."



Lasciarono ogni cosa e non avrebbero più avuto niente.



"Nessuno poteva credere a quello che stava succedendo. Pensavano che stessimo mentendo. Ricordavano l'occupazione tedesca. E io dissi che nel 1941 erano le bombe a cadere ma adesso era niente. Le persone più anziane non credevano ad un nemico invisibile, ma non c'era tempo per spiegare. Abbiamo eseguito gli ordini."



In tre ore furono evacuate 43 mila persone; pacificamente. Erano stati esposti a tali dosi di radiazioni che avrebbero provocato alterazioni nel loro sangue e causato malattie negli anni a venire.



48 ore dopo il disastro le uniche persone nella città erano i militari e i membri della delegazione scientifica insediatasi nell'hotel Pripyat.



Nonostante sapessero del pericolo, mangiarono, dormirono e lavorarono proprio lì, sul posto.



"Erano persone eccezionali; specialisti. Non posso credere che avrebbero potuto fare qualcosa di irresponsabile, come un suicidio. No. Sottostimarono la situazione. I nostri vecchi criteri non erano più validi. C'erano stati altri incidenti nucleari, prima, nel nostro paese come negli USA, ma non era mai successo niente di simile. Così gli specialisti decisero che era stato solo un incendio e il reattore sarebbe stato ripristinato verso giugno-luglio."



Nel frattempo le nuvole piene di particelle radioattive erano spinte al Nord dal vento. Il 26 e 27 aprile si spostarono di mille Km sopra la Russia attraverso la Bielorussia e il Baltico.



Il 28 la nube raggiunse la Svezia dove l'aumento della radioattività fu registrato vicino ad una delle centrali nucleari. Le autorità mandarono una squadra di aerei da combattimento per fare rilevamenti sulle nuvole. I risultati erano chiari.



Il livello di radioattività dimostrava che da qualche parte c'era stato un incidente. Ma dove?

60 ore dopo il disastro Mosca non aveva ancora fornito nessuna informazione ufficiale.


(Hans Blix)

"Il ministro svedese per l'energia ha informato il mio ufficio, che era a Vienna, dicendomi che c'era una variazione notevole di radioattività vicino alle nostre centrali nella Svezia dell'Est e avevano concluso che doveva essere arrivata da fuori. Noi non sapevamo niente. Prendemmo contatto con i polacchi che avevano centrali nucleari, ma siccome là non era successo niente chiedemmo ai Russi."



Tre giorni dopo l'incidente Gorbachev stava ancora aspettando di ricevere dei dati.
Satelliti spia americani ed europei mirarono sull'URSS e scoprirono la centrale in Ucraina. Il fumo chiaramente visibile nelle foto termiche, continuava ad uscire dalla voragine della centrale distrutta.

(Hans Blix) "Quella sera di lunedì 28 abbiamo ricevuto un messaggio dalla commissione per l'energia atomica che ci comunicò l'incidente. Contemporaneamente la Russia rilasciò un comunicato al mondo intero."



In carica da meno di un anno Gorbachev verificò quanto il sistema sovietico non funzionasse. Ci vollero più di 48 ore per avere delle informazioni accurate sul disastro.
Almeno adesso si sapeva, ma nulla era stato risolto.
Alla base delle rovine del reattore 1200 tonnellate di magma incandescente continuava a bruciare a più di tre mila gradi sprigionando polvere e gas radioattivo nell'atmosfera.



Il terzo giorno della crisi il generale Antochkin con la sua flotta di elicotteri fu mandato da Mosca per spegnere il rogo. Lo stesso giorno il generale volò 200 metri sopra il reattore.





"Tutto stava bruciando là dentro. La grafite ... tutto. Mi hanno detto che a quell'altezza la temperatura era tra 120°C e 180°C. Il nostro strumento poteva arrivare solo a 500 roentgen. L'ago era come impazzito. Credo ci fossero più di mille roentgen, all'altezza di 200 metri."



A quell'altezza anche l'esposizione di mezz'ora sarebbe stata fatale. La corrente radioattiva di aria calda estremamente forte impediva di andare vicino.

"Spegnere il fuoco e sigillare il reattore ... ma bisognava andare vicino abbastanza. Si doveva fermare la polvere radioattiva che si disperdeva ed era soffiata via dal vento. Abbiamo dovuto fare in fretta."

Una gigantesca operazione fu messa in moto. A bordo degli elicotteri i militari (alcuni richiamati dal fronte afgano) erano senza speciali attrezzature di protezione. Scaricarono sul magma a mani nude migliaia di sacchi da 80 Kg di sabbia.



Il loro fine era estinguere il fuoco scaricandogli sopra migliaia di tonnellate di sabbia e acido borico che neutralizza le radiazioni. Il livello di radiazioni sopra il reattore era 3500 roentgen. Alcuni piloti fecero più di 30 voli in un giorno. Ogni volta assorbivano 5-6 roentgen.



"Dopo aver gettato 7-8 sacchi erano fradici di sudore per il calore. La squadra tornava indietro e faceva un altro carico. Dopo poche missioni i miei soldati erano esausti. Si dovevano lavare e dovevano mangiare. Poi partivano di nuovo."

Fin dal primo giorno di crisi le vittime delle radiazioni furono mandate all'ospedale n.6 di Mosca, l'unico con un reparto specializzato in patologia da radiazioni acute e malattie correlate.



I sintomi iniziali erano vomito e nausea ed erano seguiti da periodi di latenza della malattia. Solo in seguito si avevano sintomi più gravi come il deterioramento del midollo osseo e orribili bruciature che scottavano fin dentro le ossa.



"Quasi tutti erano giovani e durante il periodo di latenza si sentivano bene. Scherzavano. Ma noi sapevamo già che alcuni di loro stavano per morire. 27 di loro morirono in fretta. Tutti avevano ricevuto enormi dosi di radiazioni e soffrivano di ustioni letali. "

Queste prime vittime sono state le uniche ad essere riconosciute dalle autorità.



Per trenta Km ad Est della centrale la foresta era marrone; gli alberi erano bruciati dall'onda radioattiva. Fin dal momento dell'esplosione le particelle radioattive portate dalle nuvole ricadevano a terra con la pioggia. La contaminazione si propagò a macchia di leopardo in Ucraina, Bielorussia e Russia.



Il primo maggio il vento cambiò direzione e anche l'area di Kiev fu contaminata, ma la popolazione venne deliberatamente tenuta all'oscuro.



L'unica notizia apparve a pag.3 della Pravda che sminuiva l'incidente e annunciava che il pericolo era passato.



"Il tetto del reattore era stato scoperchiato e loro agivano come se niente fosse successo. Durante la festività del primo maggio non venne ancora ammessa la gravità della situazione. Questo è stato il secondo aspetto della catastrofe di Chernobyl."



Sei giorni dopo l'incidente, nonostante che il livello delle radiazioni fosse in certe zone della città migliaia di volte superiore al normale, le autorità incoraggiarono la popolazione a partecipare alle celebrazioni del primo maggio. 



"Ho visto le manifestazioni del primo maggio 1986 con i miei occhi. Ero lì come testimone. Fu una parata di morte. E' stato terribile."





Intanto l'esodo continuava. Una settimana dopo l'esplosione gli abitanti di Chernobyl, a sette Km dalla centrale, furono evacuati, poi tutti i paesi nel raggio di 30 Km.
130 mila persone furono spostate, molte delle quali erano già state contaminate. Un'area di trecentomila ettari tra Bielorussia e Ucraina fu evacuata e isolata del mondo. Un territorio spazzato via da un nemico invisibile.



"Era peggio che in guerra. Qui non potevi vedere il nemico. Almeno in guerra vedi i cannoni, i fucili, i carri armati. Qui non vedi niente. La radiazione è ovunque; penetra dentro di te e tu cominci a sentirne gli effetti solo in seguito, a volte dopo anni."





Intanto la nuvola radioattiva continuava a spostarsi attraverso l'Europa centrale raggiungendo il Nord dell'Italia. Cesio 137 e iodio 131 radioattivi precipitavano a terra insieme alla pioggia nel Sud della Francia e in Corsica, Coltivazioni e pascoli furono seriamente contaminati, mentre le autorità francesi negavano la contaminazione. La nuvola raggiunse l'Inghilterra e la Grecia.



A Chernobyl il livello di radioattività continuava a salire. Le seimila tonnellate di sabbia e acido borico avevano coperto il buco, ma contro le aspettative, sotto questo gigantesco tappo, il magma bianco continuava a fondere.



Dieci giorni dopo il disastro Gorbachev invitò Hans Blix, direttore della potente agenzia internazionale per l'energia atomica, ad osservare il sito.
Si parlò del rischio di una seconda esplosione.
Alla base del reattore, 195 tonnellate di combustibile nucleare stavano ancora bruciando. Producevano un incredibile calore che stava a poco a poco fondendo la sabbia. Sulla superficie del tappo cominciavano ad apparire delle crepe.



"Una volta tappato il buco, la temperatura cominciò a salire. Gli scienziati facevano le loro letture e la temperatura cresceva costantemente. I tecnici erano spaventati dal fatto che per il calore poteva verificarsi una seconda esplosione e sarebbe stato terribile."



Anche la struttura in cemento al di sotto della massa in fusione rischiava di spaccarsi per il calore facendo fuoriuscire il magma. 
Tutta l'acqua che i pompieri gettarono sul fuoco durante i primi giorni del disastro colò sotto il pavimento. 
Se il magma radioattivo fosse venuto a contatto con l'acqua avrebbe potuto esserci un'esplosione ancora più devastante della prima.



"Se il calore fosse riuscito a rompere il pavimento in cemento, i 1400 kg di uranio e grafite potevano scontrarsi con l'acqua causando una nuova esplosione.
Se questo disastroso scenario si fosse verificato la reazione avrebbe provocato un'esplosione paragonabile ad una gigantesca bomba atomica.
I nostri esperti studiarono le possibilità e arrivarono alla conclusione che quella forza avrebbe potuto raggiungere dai 3 ai 5 megatoni (parte dell'Europa poteva essere resa inabitabile).
La seconda esplosione sarebbe stata accompagnata da una terribile onda d'urto e un massiccio aumento della radioattività che avrebbe mietuto migliaia di vittime in poche ore.
Grazie a Dio non successe.
Treni e migliaia di automezzi lungo Minsk, Gomel, Kiev erano pronti per evacuare la popolazione."



Era una situazione critica. A mosca la commissione di stato decretò due misure di emergenza: primo - mandare un battaglione di vigili del fuoco per drenare l'acqua alla base del reattore; secondo - sigillare il reattore con un rivestimento efficace per far scendere la temperatura.




In due giorni gli uomini del generale Antochkin avrebbero gettato 2400 tonnellate di piombo sul reattore.



"Quando cominciammo a gettare il piombo la temperatura subito diminuì. Il rivestimento fu assorbito bene e saldò la voragine, facendo diminuire la radiazione. Ma una certa quantità di piombo si vaporizzò e ricadde sull'area circostante."



(Antochkin) "Si critica molto l'operazione, adesso, ma data la situazione, allora, non c'era una soluzione migliore. Dovevamo agire rapidamente. E tutti: militari, civili, ufficiali, e semplici soldati, lavorarono altruisticamente per il bene comune. Io partecipai a questa prima fase. Più tardi tornai e altri uomini stavano lavorando eroicamente."



Durante questa operazione 600 piloti sono stati seriamente contaminati dalle radiazioni.

Dopo aver drenato l'acqua si trattava di andare più vicino al reattore!



Sembrava che partendo dalla sala operativa della centrale si potesse arrivare alla zona attiva attraverso tunnel e strutture in cemento. Una delegazione di tecnici si avventurò nel labirinto. Era difficile avanzare perché parte dei passaggi erano crollati con l'esplosione.



Perforarono la parete del reattore con la fiamma ossidrica e spinsero gli strumenti all'interno per misurare la radioattività. 



Il risultato era terrificante. I livelli di radiazione erano astronomici e le paure erano confermate: il magma aveva forato il cemento ed era colato nel bacino sottostante e ora minacciava di sprofondare ancora più giù.
Il pericolo dell'esplosione era del 5-10 per cento.



"La cosa che ci preoccupava di più era che l'intera massa poteva sprofondare e raggiungere la falda acquifera che avrebbe poi inquinato il fiume Dnepr e Kiev ... dovevamo trovare una soluzione.



Una nuova operazione fu presa in considerazione, ma avrebbe comportato una perdita di vite umane ancora più alta.



Il 12 maggio 1986 i minatori di Toula ricevono una visita del ministro dell'industria mineraria.



"Il ministro ci parlò dell'incidente di Chernobyl e disse che aveva bisogno dei minatori della nostra regione. Ci diedero 24 ore per raccogliere le nostre cose. Il giorno dopo fummo caricati sugli autobus e il 14 eravamo già al lavoro nella centrale."



La loro missione era quella di scavare un tunnel sotto terra lungo 150 metri dal terzo blocco fino al quarto.



Poi, sotto il reattore, scavare una stanza 30 metri per 30 metri, alta due, per contenere un dispositivo di refrigerazione.
Per limitare l'esposizione alle radiazioni i minatori dovettero prima scavare un tunnel profondo 12 metri e poi procedere in orizzontale verso il reattore.



In un mese diecimila minatori della regione mineraria dell'Ucraina furono mandati a scavare il tunnel. La loro età era dai 20 ai 30 anni.



All'interno del tunnel la temperatura toccava i 50 gradi e la radioattività era come minimo 1 roentgen per ora.



"Avevamo soltanto le maschere e non le indossavamo. Non potevamo indossare le maschere per respirare perché i filtri si intasavano e la temperatura era pazzesca. Ognuno le portava con sé e lavorava senza. Lavoravamo senza le magliette. Si beveva acqua direttamente dalle bottiglie aperte, il che era male perché si ingeriva la radioattività.



La cosa più difficile era la mancanza di ossigeno e il calore tremendo. Non c'era aria fresca.

"Abbiamo dovuto lavorare molto in fretta ... ad un ritmo pazzesco."

I minatori si alternavano ogni tre ore, per venti ore al giorno e in un mese e quattro giorni scavarono il tunnel; un lavoro che in una miniera avrebbe richiesto tre mesi.



I posti più pericolosi non erano sotto terra. C'era meno radiazione sotto il reattore.

La radioattività alla bocca del tunnel era trecento volte più alta. 
Tutti i minatori assorbirono dosi elevate di radiazione e non furono informati del reale pericolo a cui andavano incontro.



"Qualcuno doveva andare a farlo. Noi o qualcun altro. Noi sapevamo fare il nostro lavoro e penso che fosse nostro dovere. 
Dovevamo farlo? E' troppo tardi per dirlo.
Non rimpiango niente."

I minatori completarono la loro missione, ma il sistema di refrigerazione, sotto il reattore, non fu mai messo in opera. La stanza sotterranea fu riempita di cemento per solidificare la struttura.
Ogni minatore ricevette una dose di radiazioni dai 30 ai 50 roentgen, ufficialmente, ma in effetti ne assorbirono molte di più.
Un quarto di questi uomini morirono all'età media di 40 anni.



18 giorni dopo il disastro Gorbachev finalmente parlò al popolo sovietico:
"Siete a conoscenza della calamità che ci ha colpito: l'incidente alla centrale atomica di Chernobyl. E' stato un duro colpo per l'Unione Sovietica e una grande preoccupazione per il mondo. E' stata la prima volta che abbiamo dovuto affrontare un pericolo come questo. L'energia nucleare scappa al controllo degli esseri umani. Stiamo lavorando 24 ore al giorno. Tutte le nostre capacità economiche, tecniche e scientifiche si sono mobilitate. L'intero paese si è mobilitato."



Il generale Tarakanov fu mandato a comandare le truppe di terra.



"In un anno 100 mila tra soldati e ufficiali sono passati per Chernobyl. Tutti loro erano LIQUIDATORI. Termine inventato per l'occasione. Dovevano eliminare, pulire, liquidare la radioattività."



"All'inizio eravamo spaventati, indossavamo le maschere tutto il tempo, poi le abbiamo dimenticate; neanche le portavamo più al lavoro."
Non c'erano titoli gerarchici. Nessuno diceva "Sono un generale! Fai quello che ti dico!" 
Tutti facevano quello che potevano. Così la macchina raddoppiò la sua forza. 
Una truppa di 100 mila uomini dell'esercito e almeno 400 mila civili: lavoratori, tecnici, scienziati, medici, di tutte le repubbliche sovietiche, affrontarono la grande battaglia.
Cinquecentomila persone ... le truppe di Chernobyl erano più numerose di quelle di Napoleone.


Gli elicotteri fecero cadere tonnellate di una miscela liquida appiccicosa, per isolare la sabbia radioattiva sul terreno.



Contemporaneamente i liquidatori erano incaricati di pulire la zona e rimuovevano lo strato radioattivo che ricopriva tutto.



"Sono state formate delle squadre speciali che controllavano le campagne e le foreste. Avevano il compito di uccidere tutti gli animali randagi, i cani, i gatti.
Tutti gli animali dovevano essere uccisi perché muovendosi nelle zone altamente contaminate avevano assorbito la radioattività e la trasferivano in altri luoghi e alle persone."



I villaggi con le ultime persone rimaste nella zona furono evacuati, le case abbattute una per una e sotterrate.



Intorno alla centrale 300 mila metri cubi di terra contaminata furono trascinati dalle ruspe dentro profondi canali e poi ricoperti di cemento.

Otto settimane dopo l'incidente, i liquidatori puntarono al cuore del problema: il reattore.

Per neutralizzare le scorie tossiche a lungo termine e per impedire il loro spargimento si doveva isolare l'intero reattore.



Lev Bocharov è uno degli ingegneri che progettò la struttura che avrebbe coperto l'intero reattore n.4: un sarcofago di acciaio lungo 170 metri e alto 66.



"Non esisteva un altro progetto come questo, al mondo. Nessuno aveva mai dovuto costruire qualcosa di simile in una zona altamente radioattiva. Potevi lavorare solo pochi minuti alla volta. Dovevi contare i secondi."





La radioattività accanto al reattore era così elevata che si iniziò con macchine teleguidate e robot.



Ma per fare arrivare i mezzi vicino al reattore ci volevano gli uomini a guidarli. e potevano rimanere solo pochi minuti per non assorbire dosi fatali.



Gli autisti lasciavano le macchine a 20 metri dal reattore poi correvano indietro a schermarsi su un automezzo ricoperto di piombo.



I veicoli furono progettati e costruiti per lo scopo. Tutto, compresi i cavi erano ricoperti di piombo per isolare la radioattività e proteggere le apparecchiature.



Tutti i pezzi del sarcofago furono progettati e costruiti lontano centinaia di chilometri e poi trasportati sul posto per l'assemblaggio. Un puzzle immenso, dove tutto doveva incastrarsi con precisione assoluta. Un solo calcolo sbagliato comprometteva l'intera struttura.



Cento mila metri cubi di cemento furono colati nella struttura, ma la scoperta di un nuovo problema fermò i lavori.



Il tetto del reattore era coperto da pezzi di grafite altamente contaminati. Era la grafite che avvolgeva le barre di uranio e che durante l'esplosione venne sparata in alto unita a parti metalliche e detriti.
Uno solo di questi pezzi poteva uccidere una persona in meno di un'ora.
Siccome era troppo pericoloso spostarli manualmente si decise di impiegare i robot: macchine telecomandate.



I robot furono portati sul tetto per trascinare i detriti e farli cadere in basso dove venivano raccolti da altre macchine e seppelliti. La radioattività però dava dei problemi anche alle macchine. I circuiti elettronici dopo poche ore non funzionarono più.



Tutte le macchine telecomandate si bloccarono e allora si prese la decisione di rimpiazzarle con degli uomini: soldati russi nominati per l'occasione biorobot.
Un battaglione di giovani riservisti si preparò per andare sul tetto per scaricare i detriti. Nessun essere umano aveva mai lavorato dove la radioattività era così alta.



Il generale Tarakanov era al comando dell'operazione. Era l'ideatore di questa missione e ne curò personalmente tutti i dettagli a cominciare dalle tute in piombo fatte di lastre che fasciavano il torace, la schiena e l'addome.



Elmetto di piombo con visiera di vetro per proteggere la faccia dai raggi beta. Doppio strato di guanti. Filtri per la respirazione.
L'intera tuta pesava dai 25 ai 30 chilogrammi.



(Tarakanov) "Dovete sapere che sono stato sul tetto con un ufficiale e vi assicuro che non c'è niente di terrificante."
Nessun riservista poteva tirarsi indietro. Erano obbligati ad andare.



"Dovevo fare il mio dovere. Per me non c'era scelta. Chi altro sarebbe andato al mio posto? Chi avrebbe ripulito il disastro per non propagare la radioattività? 
Qualcuno lo doveva fare."



"Due settimane e mezza d'inferno e l'inferno durava due o tre minuti per ogni soldato. Qualche volta 40 secondi quando la radioattività era molto alta.
Con gli scienziati eravamo molto attenti a calcolare i tempi di permanenza per non danneggiare la salute degli uomini."



Una squadra di otto uomini con un ufficiale correva sul tetto. La loro missione consisteva nel raccogliere i detriti con una pala e gettarli giù dal tetto.





Secondo i calcoli del generale, il livello di radioattività stimato era di sette mila roengten l'ora, che permetteva la permanenza sul tetto di 45 secondi. Il tempo di gettare dal tetto due badili di scorie.



Per quindici giorni le squadre di biorobot si alternarono sul tetto. Secondo i responsabili del personale, 3500 persone presero parte all'operazione di pulizia.



"Abbiamo dovuto prendere in mano pezzi da 1500 roentgen. Dopo un turno di lavoro le mani erano indolenzite tanto da non riuscire più a stringere il pugno."



"Quando andai sul tetto la prima volta era come essere su un altro pianeta. Tutto era ricoperto di carburante radioattivo ... grafite ovunque ... le mani mi tremavano e dovevo fotografare.
Nella foto si vedono le tracce delle radiazioni che salgono dal basso.
Gli occhi bruciavano ... sentivi un sapore metallico in bocca ... non sentivi nessun rumore ... se battevi i denti insieme non li sentivi ... la bocca era piena di piombo."



"Quando scendevo dal tetto era come se un vampiro mi avesse succhiato il sangue ... non riuscivo a muovermi ... ero esausto."



"Se collassavamo ci mandavano a casa ... eravamo forti, ma da allora la nostra salute ne ha patito. Sulla mia cartella clinica hanno scritto che ho assorbito 20,5 roentgen. Quel numero è molto più basso del reale ... lo sappiamo tutti."



Ad ogni biorobot venne dato, come riconoscimento, un certificato militare e un bonus di 100 rubli.



"Questi uomini rischiarono la loro vita per ridurre il livello radioattivo sul tetto del 35 per cento.
Nessuno sapeva esattamente il valore della radiazione ... ora sappiamo che c'erano dai 10 mila ai 12 mila roentgen per ora.
Nessuno sarebbe dovuto andare!"



Sette mesi dopo l'esplosione la zona fu pulita e il sarcofago completato.



Il costo fu di 18 miliardi di rubli (a quel tempo un rublo equivaleva a un dollaro).



22 novembre 1986 La prima neve cominciò a far presa sul sarcofago il che voleva dire che era sigillato e per trenta anni non ci sarebbero stati problemi.
I liquidatori erano tornati a casa e i reattori 1-2-3 erano tornati in funzione.